
Il mercato dell'acqua minerale
Qualcuno l'ha definita "oro blu" e non a torto.
L'acqua potabile é una risorsa a cui nessuno può rinunciare
e sembra che in un prossimo futuro sarà sempre più difficile
approvvigionarsi del prezioso liquido a causa degli sconvolgimenti che
sta portando l'effetto serra sul clima del pianeta.
Fortunatamente alle nostre latitudini l'acqua é
ancora una risorsa abbondante, eppure nel settore delle acque in bottiglia
il suo prezzo é enormemente sproporzionato rispetto al numero di
fonti naturali presenti sul nostro territorio.
Come per tutti i mercati é una questione di domanda
e di offerta.
In
Italia la domanda di acqua minerale é molto alta, siamo infatti
i maggiori consumatori al mondo con i nostri 188 litri pro capite all'anno.
Un primato a cui siamo arrivati grazie al fatto che l'87,2% degli italiani
sopra i 14 anni beve acqua minerale.
E' questa un'abitudine che coinvolge tutta l'Europa dell'ovest che da
sola beve oltre la metà della produzione mondiale di acqua in bottiglia.
Ma vediamo un po' i numeri di questo mercato.
Solo in Italia vengono prodotti circa 10.700.000.000 litri di acqua minerale
che sgorgano da 700 fonti naturali.
Questa produzione viene gestita da 260 imprese e commercializzata con
diversi nomi per un totale di 250 etichette.
Sembrerebbe
un settore sano, con un buon numero di piccole e medie aziende, ma in
realtà non é così perchè il 70% del mercato
é in mano a 6 sole multinazionali.
Questa concentrazione industriale si rispecchia anche a livello mondiale
dove i due colossi Nestlè (Svizzera) e Danone (Francia) gestiscono
il 30% del mercato.
La
Nestlè da sola possiede più di 260 marche d'acqua, tra cui
Terrier (n.1 al mondo), Contrex, Vittel, Pejo, Lievissima, San Pellegrino,
San Bernardo, Recoaro, Panna, Vera...
Mentre nel gruppo Danone troviamo tra le altre la Ferrarelle, San Benedetto,
Guizza, Evian, Vitasnella, Boario, Fonteviva...
La cosa che ha veramente dell'incredibile è che
una parte di quest'acqua, che viene venduta a caro prezzo, sgorga da fonti
demaniali e ne viene concesso lo sfruttamento secondo i parametri di un
decreto regio del 1927 con un ricavo nazionale di circa 500.000 Euro l'anno.
Cifra
che non riesce nemmeno a coprire i costi sostenuti dalle regioni per smaltire
le tonnellate di PET utilizzato per produrre le bottiglie di plastica.
Eppure quest'acqua, acquistata a prezzi irrisori, viene poi rivenduta
a cifre da 500 a 1.000 volte superiori.
Buona parte di questo enorme ricarico viene poi investito
in pubblicità per tenere alta la domanda:
si calcola che ogni anno siano spesi circa 380.000.000 di Euro.
Considerando questo bombardamento mediatico non stupisce
che l'80% degli italiani consideri l'acqua minerale più sicura
di quella del rubinetto.
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